Il superminimo è una voce della retribuzione che individua un compenso aggiuntivo della retribuzione stabilita nel contratto collettivo.
Può essere individuale, se l’erogazione è stabilita da accordi inseriti nei contratti individuali tra datori di lavoro e lavoratore in virtù di specifiche qualità del prestatore di lavoro o particolari situazioni di mercato, oppure collettivo, quando si tratta di una voce retributiva erogata ai lavoratori inquadrati in un determinato livello o specifico gruppo grazie ad accordi collettivi.
La corresponsione del superminimo individuale non viola il principio della parità di retribuzione a parità di mansioni, a meno che esso sia accordato in maniera arbitraria e determini discriminazioni vietate (Cass. S.U. n. 6050/1993).
Assorbimento
L’assorbimento del superminimo nei miglioramenti retributivi costituisce un principio generale (salvo diversa previsione del contratto collettivo) e, pertanto, una specifica previsione delle parti è necessaria per escluderne l’operatività, e non già per consentirla (Cass. 26 maggio 2016, n. 10945).
Per ricostruire la volontà negoziale va valutato il comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del patto, potendo comportamenti reiterati del datore successivi alla pattuizione dell’emolumento essere ritenuti concludenti nel senso dell’esclusione dell’assorbibilità (Cass. ord. 5 giugno 2020, n. 10779).
La regola generale dell’assorbimento non trova applicazione nei seguenti casi (Fondazione Studi Consiglio Nazionale dell’Ordine Consulenti del lavoro, parere 26 ottobre 2009, n. 12):
1) quando le parti del rapporto di lavoro abbiano stabilito che il superminimo non sia assorbibile;
2) qualora la contrattazione collettiva stabilisca che l’aumento retributivo non assorba i superminimi individuali goduti dai lavoratori;
3) nel caso in cui le parti del rapporto di lavoro abbiano attribuito al superminimo la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente. In tal caso, il superminimo non è un generico miglioramento della posizione retributiva del lavoratore, ma ha un titolo specifico, e quindi diventa un elemento intangibile della retribuzione.
Riduzione
Il superminimo individuale può sempre essere eliminato o ridotto da un successivo accordo. Se il superminimo è collettivo (si veda parere n. 12/2009 della Fondazione Studi Consiglio Nazionale dell’Ordine Consulenti del lavoro):
le parti individuali (datore di lavoro e lavoratore) non possono stabilire una riduzione del superminimo previsto dal contratto collettivo (art. 2077 c.c.);
la clausola sul superminimo collettivo può essere modificata, anche in senso peggiorativo, dalla successiva contrattazione collettiva (Cass. 28.8.2004, n. 16691; Cass. 7.6.2004, n. 10762);
Irriducibilità della retribuzione
Il livello retributivo acquisito dal lavoratore subordinato, per il quale opera la garanzia della irriducibilità della retribuzione, prevista dall’art. 2103 c.c., deve essere determinato con il computo della totalità dei compensi corrispettivi delle qualità professionali intrinseche alle mansioni del lavoratore, attinenti cioè, alla professionalità tipica della qualifica rivestita, mentre non sono compresi i compensi erogati in ragione di particolari modalità della prestazione lavorativa o collegati a specifici disagi o difficoltà, i quali non spettano allorché vengano meno le situazioni cui erano collegati (Cass. 30 settembre 2015, n. 19465).
Il computo del superminimo
Il superminimo rientra nella retribuzine globale di fatto.Sono computabili nella retribuzione utile al calcolo del TFR i compensi considerati “omogenei” al rapporto di lavoro anche se non corrisposti con continuità (Cass. n. 2254 del 24.2.1993), fra cui anche il superminimo.RinunciaIl lavoratore può rinunciare o transigere il diritto al superminimo già maturato. Si ritiene, infatti, che sono validi gli atti di disposizione aventi ad oggetto i vantaggi conseguiti in seguito a libera pattuizione individuale.
In proposito, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2716/1998, ha affermato che «…l’art. 36 Cost., che riconosce il diritto del lavoratore ad una giusta retribuzione: ma la garanzia costituzionale di questo diritto patrimoniale, pur implicando la nullità di ogni rinunzia preventiva alla retribuzione, non comporta tuttavia una assoluta indisponibilità, e come non esclude la prescrittibilità del diritto, così non impedisce al legislatore di disciplinare le forme e i modi di esercizio del potere di impugnazione degli atti di disposizione eventualmente compiuti dal lavoratore, sotto pena di decadenza.»Diverso discorso vale per il superminimo collettivo.
La Fondazione Studi dei CDL, con parere n. 12/2009, ha affermato che le rinunzie e transazioni che hanno ad oggetto il superminimo collettivo rientrano nel campo di applicazione dell’art. 2113 c.c., dato che il diritto economico su cui incide la rinunzia deriva (non da contratto individuale, ma) da contratto collettivo. La rinunzia o la transazione, quindi, per essere immediatamente valida e non impugnabile dal lavoratore nei sei mesi successivi deve essere effettuata in una delle sedi qualificate di conciliazione.