La Corte di cassazione, con la sentenza n. 15391 del 3 giugno 2024, ha deciso che il datore di lavoro non può accertare le violazioni commesse dal lavoratore, consultando il telepass installato sull’autovettura aziendale, se prima non ha informato il dipendente sull’uso di tali strumenti e sull’effettuazione dei controlli.
Nel caso in esame, un lavoratore era stato licenziato a seguito di illeciti riscontrati dal datore di lavoro utilizzando i dati acquisiti per mezzo del sistema informatico in uso al dipendente per l’espletamento della prestazione lavorativa, nonché i riscontri dei pedaggi autostradali forniti dal sistema telepass installato sul mezzo affidatogli.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento davanti al Tribunale, il quale ha giudicato legittimo il recesso datoriale.
Di diverso avviso il giudizio della Corte d’appello che ha ritenuto conforme al dettato normativo, contenuto nell’art.4 della L. 300/1970, l’utilizzo da parte del datore di lavoro di dati derivanti dalla geolocalizzazione conseguente all’utilizzo del computer palmare in uso al dipendente con mansioni di tecnico trasfertista, mentre non poteva dirsi la stessa cosa per i dati acquisiti a mezzo del telepass. Questi ultimi, quindi, non potevano essere utilizzati dal datore di lavoro a fini disciplinari.
La società ha proposto ricorso in Cassazione, la quale, richiamando pronunce precedenti (Cass. n. 3255/2020 e 19992/2016) ha ribadito che per controlli difensivi sui dipendenti si intendono i controlli diretti ad accertare comportamenti estranei al rapporto di lavoro illeciti o lesivi del patrimonio o dell’immagine aziendale e dunque non volti ad accertare l’inadempimento delle ordinarie obbligazioni contrattuali.
Sempre secondo la Suprema Corte, sono consentiti i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela dei beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.
La Corte di cassazione ritiene che spetti al datore di lavoro l’onere di allegare, prima, e di provare, poi, le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico ex post, sia perché solo il predetto sospetto consente l’azione datoriale fuori dal perimetro di applicazione diretta dell’art. 4 St. Lavoratori, sia perché, in via generale, incombe sul datore di lavoro la dimostrazione del complesso degli elementi che giustificano il licenziamento.
Né dal contenuto del ricorso né dalla sentenza impugnata risulta che il datore di lavoro avesse provato che l’installazione del telepass sull’autovettura aziendale utilizzata dal lavoratore per l’esecuzione delle proprie prestazioni rientrasse tra i c.d. controlli difensivi nei termini chiariti, e tantomeno che lo stesso avesse allegato e chiarito di provare le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare quel controllo tecnologico.
La sentenza richiama anche la dottrina specialistica secondo cui il telepass, se installato su auto aziendali destinate allo svolgimento di specifici servizi, si deve considerare uno strumento direttamente funzionale all’efficienza della singola prestazione, oltre che ormai fortemente compenetrato con essa nell’odierna pratica lavorativa, sicché il telepass rientra nell’ambito applicati o del comma 2 dell’art. 4 della Legge 300/1970.
Tuttavia, precisa la Corte di cassazione, le informazioni così raccolte, sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, e quindi non solo ai fini disciplinari, solo a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli.
È irrilevante la consapevolezza del dipendente sulla presenza del Telepass sull’autovettura e sulle corrette modalità di uso dello stesso, essendo necessaria invece tale informativa al lavoratore, della quale però i giudici di merito hanno constatato l’assenza.