Con la sentenza n. 18904, pubblicata il 10/07/2024, la suprema corte accoglie il ricorso del dipendente licenziato per giustificato motivo oggettivo rilevando che, nel caso impugnato, l’azienda aveva proceduto ad irrogare il licenziamento senza preventivamente offrire una soluzione conservativa del rapporto di lavoro, consistente nell’assegnazione ad una mansione inferiore.
Il concetto di repêchage all’atto del licenziamento
In sede di giudizio la suprema corte ha rilevato che:
Al momento del licenziamento vi sarebbe putata essere la possibilità di ricollocare il dipendente licenziato (impiegato tecnico) in una mansione inferiore
Il dipendente licenziatario avrebbe potuto regolarmente svolgere le mansioni inferiori poichè in possesso delle necessarie competenze
Il notevole inadempimento ex. art. 3 D.Lgs. 604/1966
Ne deriva che il lavoratore è stato licenziato in violazione dell’articolo 3 legge 604/1966 poichè, pur essendovi all’atto del recesso delle posizioni di lavoro alternative ancorché in mansioni inferiori (anche a tempo determinato), non è stata effettuata alcuna offerta di lavoro (ne a tempo indeterminato, né a tempo determinato) per la ricollocazione in queste mansioni.
Questa mancata offerta costituisce un notevole inadempimento idoneo a viziare il licenziamento ex art. 3 D.Lgs. 604/1966 poichè, come sentenzia la suprema corte: “Non risulta assolto l’obbligo di repêchage ove all’atto di licenziamento per gmo risultino esistenti nell’organico aziendale mansioni inferiori, anche a termine, ed il datore non abbia effettuato alcuna offerta di demansionamento al lavoratore ne comunque allegato e provato in giudizio che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l’espletamento delle stesse mansioni“.