La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza storica destinata a modificare radicalmente la disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO). Con la sentenza n. 128 del 2024, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 23 del 2015, nella parte in cui non prevede la reintegrazione nel posto di lavoro anche nelle ipotesi in cui sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale alla base del licenziamento.
Il Caso
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale ordinario di Ravenna, sezione lavoro, nel contesto di una causa tra un dipendente, H. S., e la società GI GROUP spa. Il dipendente, assunto a tempo indeterminato dal 1° dicembre 2018 con la qualifica di operaio specializzato, era stato licenziato per giustificato motivo oggettivo l’11 novembre 2021. Contestando il licenziamento, H. S. aveva ottenuto l’intervento del Tribunale, che ha poi rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
La Sentenza
La Corte, presieduta da Augusto Antonio Barbera e con Giovanni Amoroso come redattore, ha stabilito che l’articolo 3, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2015 è costituzionalmente illegittimo nella misura in cui esclude la reintegrazione nel posto di lavoro per i licenziamenti per GMO basati su fatti insussistenti. Questo, secondo la Corte, viola diversi articoli della Costituzione italiana, tra cui gli articoli 1, 2, 3, 4, 24, 35, 41, 76 e 117, in relazione all’articolo 24 della Carta sociale europea riveduta.
La decisione della Corte si fonda sul principio che la tutela indennitaria prevista dall’attuale normativa non è sufficiente a garantire i diritti del lavoratore nel caso di licenziamenti ingiustificati. In particolare, l’assenza di una tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto alla base del licenziamento per GMO è stata giudicata lesiva dei diritti costituzionali dei lavoratori.
Le Conseguenze
Questa sentenza avrà un impatto significativo sul diritto del lavoro in Italia. Le imprese dovranno rivedere le loro procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sapendo che, in caso di contestazione, il giudice potrebbe ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro se il fatto materiale addotto a giustificazione del licenziamento risulta insussistente.
Reazioni
Gli avvocati coinvolti nel caso, Davide Baiocchi per H. S. e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri, hanno presentato argomentazioni dettagliate a sostegno delle rispettive posizioni. La sentenza della Corte, deliberata il 4 giugno 2024 e depositata il 16 luglio 2024, è destinata a diventare un punto di riferimento per future controversie in materia di licenziamenti.