L'applicazione delle sanzioni disciplinari

Lug 18, 2024 | Approfondimento

fonte articolo: www.zhrexpert.it

Durante il rapporto di lavoro può accadere che il lavoratore ponga in essere dei comportamenti aventi rilievo disciplinare. Può trattarsi sia di condotte commissive, ad esempio ove fumi in un luogo vietato o sottragga merce aziendale, che omissive.In tali ipotesi, il datore di lavoro può sanzionare il lavoratore. A tal fine deve però rispettare le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori e, in particolare, dall’art. 7 della L. n. 300/1970.

Ai sensi di questa disposizione, la preventiva e continuativa affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti è condizione necessaria per aprire un procedimento di contestazione per tutte quelle violazioni che già non appartengano alla coscienza sociale o alle norme del diritto vigente, specie se di natura penale.

Ai fini dell’erogazione della sanzione disciplinare, pertanto, non è necessaria l’affissione del codice disciplinare in presenza di violazione di norme di legge o di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione.

Nel codice disciplinare, che deve applicare quanto previsto dal contratto collettivo applicato in azienda, devono essere individuati i comportamenti vietati, le relative sanzioni e le procedure di contestazione delle stesse.Il codice deve essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.

La contestazione dell’illecito

La norma richiamata prevede che il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e averlo sentito a sua difesa.

Nell’ipotesi di somministrazione di lavoro, l’esercizio del potere disciplinare è riservato al somministratore. L’utilizzatore comunica a quest’ultimo gli elementi che formeranno oggetto della contestazione.

Analogamente, nel distacco, l’esercizio del potere disciplinare rimane in capo al distaccante. Il distaccatario avrà cura di comunicare al distaccante gli elementi che formeranno oggetto della contestazione disciplinare.

In ogni caso, la contestazione deve rispondere a due requisiti: l’immediatezza (tempestività) e la specificità.

Immediatezza

Il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore. Pertanto, la tempestività va riferita non al momento in cui è stata commessa l’infrazione, ma a quando il datore di lavoro ne ha avuto completa conoscenza (Cass., sentenza 15.10.1998, n. 10204).

È stato ritenuto compatibile con il rispetto del requisito della immediatezza anche il ritardo del provvedimento di recesso determinato dalla complessità della struttura organizzativa dell’impresa (Cass., sentenza 6.5.2015, n. 9102).

In base alla giurisprudenza prevalente, la contestazione deve essere comunicata per iscritto, anche se è sufficiente la consegna manuale che può avvenire anche tramite incaricato del datore di lavoro. In questo caso se il lavoratore si rifiuta di riceverla, non si perfeziona l’avvenuta conoscenza a meno che il datore di lavoro non ne legga il contenuto (Cass., sentenza n. 7306/2019).

Specificità

La specificità della contestazione sussiste quando i fatti addebitati al lavoratore sono individuati con sufficiente precisione, anche se sinteticamente, così che non risulti incertezza circa l’ambito delle questioni sulle quali il lavoratore è chiamato a difendersi.

La contestazione, in linea di principio, non è modificabile in un secondo momento, salva la possibilità di arricchirla con ulteriori circostanze e/o fatti che non modifichino significativamente la fattispecie, cioè in tutti quei casi in cui non sia integrato un diverso illecito disciplinare (Cass., sentenza 14.6.2010, n. 14212).

Forma della contestazione

Se il datore ritiene la violazione del lavoratore di gravità tale da superare la sanzione del rimprovero verbale, è necessario che la contestazione dei fatti avvenga in forma scritta. La forma scritta è volta ad assicurare l’immutabilità della contestazione, che comunque riguarda solo gli elementi di fatto e non la qualificazione dei medesimi.

La contestazione disciplinare può essere fatta “per relationem” agli atti del processo penale purché sia specifica: la specificità può desumersi dalla circostanza che il lavoratore sia stato in grado di difendersi in maniera compiuta sia nell’ambito del procedimento disciplinare che, successivamente, in sede giudiziale.

Diversamente, il colloquio informale in occasione della consegna della contestazione di addebito non può essere ritenuto equipollente a un’audizione (Cass., sentenza 28.7.2017 n. 18844).

L’audizione a difesa del lavoratoreIl datore di lavoro deve sentire la sua difesa il lavoratore, direttamente o anche mediante l’assistenza di un rappresentante dell’associazione sindacale a cui aderisce o ha conferito mandato. Se il lavoratore, convocato per essere sentito, dietro sua richiesta, richieda un differimento dell’incontro, l’obbligo del datore di lavoro di dar seguito alla richiesta del lavoratore sussiste solo nel caso in cui la stessa risponda ad esigenze di difesa non altrimenti tutelabili (Cass., sentenza n. 7493/2011).

Il datore di lavoro non ha alcun obbligo di convocare il lavoratore per consentirgli di discolparsi oralmente, poiché è facoltà di quest’ultimo di esercitare il diritto di difesa nella più completa libertà di forme. Se però il lavoratore chiede esplicitamente di essere sentito personalmente, il datore è obbligato a riceverlo, pena l’illegittimità della sanzione.

Irrogazione della sanzione

Sia che il lavoratore chieda di difendersi e di essere sentito sia che non lo faccia e resti inerte, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto dei fatti contestati.In proposito si sottolinea che:

nel termine di 5 giorni si computano anche i giorni festivi;
se la contestazione avviene mediante raccomandata, il termine per la presentazione delle giustificazioni da parte del dipendente decorre dal momento in cui quest’ultimo ha ricevuto la lettera di contestazione o l’avviso di giacenza e non dal giorno in cui è stata inviata;
se il lavoratore si è già discolpato (oralmente o in forma scritta) e non ha fatto esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive, il datore di lavoro può procedere con l’irrogazione della sanzione anche prima della scadenza del termine;
il CCNL può disporre un diverso e più ampio termine per l’irrogazione della sanzione.L’inosservanza del termine entro cui il datore di lavoro deve comminare il provvedimento disciplinare comporta la decadenza dal potere di irrogare la sanzione.Considerato che il lavoratore ha la possibilità di impugnare il provvedimento entro 20 giorni, è consigliabile in questa fase comunicare al lavoratore il tipo di provvedimento che verrà adottato con la precisazione che l’applicazione della sanzione verrà eseguita una volta decorsi i 20 giorni.Nell’ipotesi di una pluralità di procedimenti disciplinari, essi possono essere riuniti e dare luogo ad un’unica sanzione.

Tipologia e natura delle sanzioni

La legge non fissa una casistica delle sanzioni disciplinari, limitandosi a stabilire i seguenti principi generali:

Le sanzioni non devono comportare mutamenti definitivi del rapporto di lavoro.
La multa non può essere disposta per una somma superiore a 4 ore di retribuzione base. I datori di lavoro che comminano multe disciplinari ai dipendenti devono versare all’INPS l’importo trattenuto al lavoratore tramite la procedura Uniemens (codice A700 in Elemento CausaleADebito –AltrePartiteADebito). Nel settore dell’edilizia, la multa trattenuta al dipendente è versata alla Cassa edile.
La sospensione dal servizio e dalla retribuzione non può eccedere i 10 giorni.Occorre in ogni caso fare riferimento al contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.È regola generale che la sanzione deve essere proporzionata alla gravità dell’illecito. Quando vengono contestati al lavoratore episodi plurimi, occorre valutare la gravità nel suo complesso e non esaminare uno per uno i singoli episodi (Cass., sentenza n. 6668/2004).La casistica disciplinare, come anticipato, è stabilita dai singoli contratti collettivi che, in generale, prevedono il rimprovero verbale (o il richiamo o l’ammonizione) o scritto; la multa; la sospensione dal lavoro e/o dalla retribuzione; il licenziamento.

Validità della sanzione e recidiva

Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari precedenti una volta che siano decorsi 2 anni dalla loro applicazione.

La preventiva contestazione dell’addebito deve, a pena di nullità del provvedimento disciplinare, riguardare la recidiva (sempre nel limite dei due anni o dalla contestazione) solo se la recidiva integri elemento costitutivo dell’infrazione e non anche quando la stessa costituisca mero criterio determinativo della sanzione che si ritiene proporzionata.

Se, invece, la recidiva costituisce non un elemento costitutivo dell’infrazione, ma un’aggravante di cui si tiene conto per la determinazione della sanzione, non è indispensabile che di essa si faccia esplicita menzione nella contestazione disciplinare.

Ricorso contro la sanzione

Il lavoratore che si veda applicare la sanzione può reagire in tre modi diversi:

in base alle eventuali procedure previste dai contratti collettivi di lavoro;
mediante ricorso al giudice del lavoro, entro il termine di prescrizione ordinaria (10 anni);
promuovendo, nei 20 giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione sindacale alla quale sia iscritto o conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ITL, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in mancanza di accordo, nominato dal direttore dell’ITL. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia del collegio. Se il datore di lavoro non provvede, entro 10 giorni dall’invito rivoltogli, a nominare il proprio rappresentante, la sanzione disciplinare non ha effetto.

Violazione della procedura

In via generale la violazione delle norme procedurali descritte in precedenza (dalla contestazione alla irrogazione della sanzione) comporta la nullità della sanzione stessa.

Le principali sanzioni

Vediamo ora quali sono le sanzioni applicabili, tenendo presente che, come ribadito a più riprese, occorre fare riferimento al contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro per individuare la sanzione astrattamente applicabile e la sua misura massima.

Multa

Fermo restando che la multa non può essere disposta per una somma superiore a 4 ore di retribuzione base, occorre fare riferimento alle disposizioni del CCNL anche per identificare quali elementi retributivi devono essere computati ai fini del calcolo. In assenza di indicazioni, si utilizza la retribuzione oraria calcolata applicando il divisore contrattuale.

Sospensione dal lavoro

La sospensione dal servizio e dalla retribuzione non può eccedere i 10 giorni. Anche in tal caso occorre fare riferimento ad eventuali disposizioni del CCNL. Il datore di lavoro, oltre alla retribuzione diretta potrà legittimamente trattenere anche le quote relative alle mensilità supplementari e così via che sarebbero maturate ni giorni di sospensione dalla retribuzione.

La sospensione cautelare

La sospensione cautelare è il provvedimento con il quale il datore di lavoro, in presenza di fatti che giustificano il licenziamento del lavoratore, in attesa dell’esito del procedimento e in via cautelativa, ne impedisce l’accesso in azienda. Il lavoratore mantiene il diritto alla retribuzione solo se non verrà poi preso il provvedimento del licenziamento.

La sospensione non è però un provvedimento disciplinare e non è soggetto alle stesse regole e limiti.

Nel caso in cui il procedimento disciplinare si concluda in senso sfavorevole al dipendente con l’adozione del licenziamento, la precedente sospensione dal servizio (anche se funzionalmente autonoma rispetto al provvedimento risolutivo del rapporto, giacché adottata in via meramente cautelare) si salda con il licenziamento, tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto, legittimando il recesso retroattivo del datore di lavoro, con perdita ex tunc del diritto alle retribuzioni dal momento della sospensione medesima (L. n. 92/2012 – vedi anche Cass. 21.3.2017, n. 7178). A tal fine, è necessario però che l’efficacia del preavviso di licenziamento abbia decorrenza già dalla data della sospensione cautelativa – dunque, retroattiva – e non da quella della ricezione della relativa lettera.

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