La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 22455 del 6 agosto 2024, ha disposto che il lavoratore licenziato per superamento del periodo di comporto ha diritto alla reintegra se è stato indotto in errore dalle buste paga che riportavano un numero di assenze sbagliato.
Nel caso in esame, un lavoratore si era rivolto al Tribunale del lavoro affinché giudicasse illegittimo il licenziamento per superamento del periodo di comporto subito, poiché il periodo di comporto era stato erroneamente determinato.
Il giudice di prime cure ha rigettato il ricorso, mentre la Corte d’appello ha riformato la sentenza, giudicando illegittimo il recesso datoriale e disponendo la reintegra nel posto di lavoro, dato che sulla base dei prospetti presenza allegati alle buste paga il lavoratore è stato ragionevolmente indotto a ritenere di aver accumulato un numero di giorni di assenza per malattia di gran lunga inferiore al reale.
Lo stesso giudice d’appello ha anche sottolineato che, pur essendo incontestabile che il lavoratore avrebbe potuto verificare autonomamente il numero di assenze per malattia, accedendo al portale web INPS, è anche vero che il comportamento posto in essere dal datore di lavoro, avendo fornito indicazioni fuorvianti al dipendente, non può essere considerato conforme a buona fede e correttezza.
L’azienda ha proposto ricorso in Cassazione che lo ha rigettato condividendo il ragionamento della Corte d’appello. Quest’ultima si è uniformata all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, se la contrattazione collettiva non contiene un’espressa previsione, il datore di lavoro non ha alcun obbligo di preavvertire il lavoratore dell’imminente superamento del periodo di comporto. Tuttavia, tale adempimento è necessario per correggere le indicazioni erronee e fuorvianti che lo stesso datore di lavoro ha fornito al lavoratore nei prospetti presenze allegati alle buste paga e quindi per eliminare quel ragionevole affidamento ingenerato nel lavoratore dal precedente e reiterato comportamento datoriale.