Conflavoro, sul proprio sito internet, ha pubblicato un focus con il quale analizza il cosiddetto premio di risultato.
In senso lato, si parla di gratifiche laddove l’azienda voglia mostrare un segnale di apprezzamento dell’attività svolta dal dipendente e valorizzare l’appartenenza dello stesso ad un sistema azienda, anche allo scopo di migliorare il clima aziendale e l’impegno individuale. Si tratta quindi di somme di denaro corrisposte ai dipendenti, che rientrano nella categoria della retribuzione variabile.
Tra queste, il premio di risultato rappresenta appunto uno strumento chiave per incentivare le risorse umane attraverso un meccanismo volto al raggiungimento di specifici obiettivi legati a determinati obiettivi di performance.
L’efficacia del premio di risultato si basa su un principio economico-organizzativo chiaro: il collegamento tra sforzo e ricompensa economica stimola comportamenti orientati all’efficienza e all’innovazione, generando benefici sia per l’organizzazione sia per i dipendenti stessi.
Il premio di risultato è quindi uno strumento aggiuntivo alla retribuzione ordinaria, erogato a fronte del raggiungimento di particolari obiettivi, definiti attraverso accordo sindacale aziendale.
L’importanza degli accordi di secondo livello risiede nella necessità di formalizzare la disciplina applicabile e gli obiettivi relativi alla singola realtà aziendale, i quali devono essere: specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e definiti nel tempo.
Definite le caratteristiche, gli obiettivi stabiliti devono ambire al raggiungimento di uno o più dei seguenti risultatiroduttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Oltre ai vantaggi di fidelizzazione e miglioramento della performance aziendale, insiti nella definizione stessa di premio di risultato, esso offre specifiche agevolazioni fiscali e contributive.
Da un punto di vista fiscale, i premi di risultato sono assoggettati all’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali pari al 10%, come previsto dalla L. 208/2015 e dal Decreto Interministeriale 25.03.2016.
Tuttavia, per i premi erogati nell’anno 2024, la Legge di Bilancio ha confermato l’imposta sostitutiva agevolata già prevista nel 2023 pari al 5%.
Tale agevolazione è applicabile ai lavoratori subordinati titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro nell’anno precedente a quello di percezione del premio.
Conflavoro precisa che sono detassabili solo le somme erogate a titolo di premi in attuazione di contratti collettivi territoriali o aziendali di cui all’art. 51 D. Lgs. 81/2015 debitamente depositati telematicamente, andando così nuovamente a rimarcare l’importanza della contrattazione di secondo livello.
Inoltre, l’applicazione dell’imposta sostitutiva può avvenire solo se: nel periodo di tempo individuato si è verificato il raggiungimento di almeno uno degli obiettivi fissati e l’incremento sia verificabile e misurabile in modo oggettivo attraverso gli indicatori definiti nella contrattazione di secondo livello.
Al verificarsi di tutte le condizioni presentate, l’importo massimo che può essere assoggettato all’imposta sostitutiva è pari a 3.000 euro lordi, calcolato al lordo dell’imposta sostitutiva e al netto della trattenute previdenziali obbligatorie e comprensivo di tutti i premi percepiti nel periodo d’imposta anche in forma di partecipazione agli utili o benefit detassati.
Sul piano contributivo, il premio di risultato è considerato come reddito da lavoro dipendente e concorrono alla formazione della base imponibile.
È possibile ridurre il carico contributivo dei premi di risultato se sussistono le seguenti condizioni: contratto di lavoro subordinato, coinvolgimento paritetico dei lavoratori (DM 23.03.2016), erogazione dei premi realizzata in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali ai sensi dell’art. 51 D. Lgs. 81/2015 e possesso del Durc.
In presenza di tali condizioni, è prevista una riduzione – su una soglia massima non superiore a 800 euro annui – di 20 punti percentuali dell’aliquota contributiva per IVS e della contribuzione aggiuntiva dello 0,50% (L. 297/1982) a carico del datore di lavoro e non è prevista alcuna contribuzione a carico del dipendente.
È inoltre prevista la riduzione dell’aliquota per il calcolo del trattamento pensionistico e il premio non va computato ai fini del raggiungimento del massimale annuo della base contributiva e pensionabile di cui alla L. 335/95.
Da ultimo, è possibile trasformare in tutto o in parte il premio in welfare con ulteriore riduzione del carico contributivo ed esenzione dalla tassazione ordinaria e sostitutiva, nei limiti previsti dalla normativa vigente in materia. Tale opzione è possibile laddove sia espressamente prevista nella contrattazione di secondo livello sottoscritta.
In conclusione, il premio di risultato si conferma uno strumento essenziale per le imprese che desiderano incentivare e valorizzare le risorse umane attraverso forme di retribuzione legate ad obiettivi specifici e misurabili. Il suo successo risiede nella capacità di stimolare la produttività, la redditività e l’efficienza aziendale, creando un ambiente di lavoro più motivante e orientato al raggiungimento di risultati concreti.