I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) rappresentano un pericolo crescente per la sostenibilità del settore tessile, in particolare in relazione alla riutilizzabilità e riciclabilità dei tessuti. Questi composti chimici, noti per la loro estrema resistenza alla degradazione, sono ampiamente utilizzati nei tessuti per garantire proprietà come l’impermeabilità. Tuttavia, la loro persistenza nell’ambiente e il loro potenziale impatto negativo sulla salute umana e sugli ecosistemi sollevano preoccupazioni serie, soprattutto in un contesto di economia circolare.
Di cosa si tratta:
I PFAS includono una vasta gamma di sostanze chimiche, oltre 4.000, utilizzate in molti settori industriali. Nei tessuti, i PFAS vengono principalmente impiegati per rendere gli indumenti e altri prodotti impermeabili, ma anche per migliorare la durabilità dei materiali. Il problema principale con queste sostanze è la loro capacità di rimanere intatte nell’ambiente per periodi molto lunghi. Sono state definite “sostanze chimiche permanenti” proprio perché resistono a processi di degrado naturali, accumulandosi negli organismi e nei sistemi naturali.
Studi attuali collegano l’esposizione ai PFAS a una serie di gravi problemi di salute, tra cui danni al fegato, disfunzioni tiroidee, problemi di fertilità, obesità e persino alcuni tipi di cancro. Queste sostanze non solo sono dannose per gli individui che le utilizzano o le producono, ma possono infiltrarsi nell’acqua e negli alimenti, causando una diffusione della contaminazione che è difficile da controllare.
I tessuti sono una delle principali fonti di inquinamento da PFAS in Europa. Si stima che il 35% della domanda globale di PFAS provenga proprio dal settore tessile. Questo massiccio consumo, favorito dalla fast fashion, contribuisce ad un significativo accumulo di PFAS nei rifiuti.
Il problema è reso ancora più complesso dalla globalizzazione della produzione tessile. Molti dei tessuti consumati in Europa vengono importati da paesi asiatici, dove le normative sulle sostanze chimiche sono meno stringenti rispetto a quelle dell’Unione Europea. Questo rende difficile tracciare la presenza di PFAS nei prodotti e limita le capacità di selezione e riciclaggio dei tessuti all’interno dell’UE. La conseguenza è che molti dei tessuti usati raccolti nell’UE vengono esportati in paesi in via di sviluppo, come quelli in Africa e Asia, portando a un’ulteriore diffusione della contaminazione da PFAS.
Il riutilizzo e il riciclaggio dei tessuti rappresentano senza dubbio una soluzione auspicabile per ridurre l’impatto ambientale dell’industria della moda e dei tessuti. Tuttavia, l’estensione della vita utile dei tessuti contaminati da PFAS aumenta anche la durata della loro presenza nell’ambiente, amplificando così il rischio di esposizione a queste sostanze. Ciò può comportare un’esposizione incontrollata e prolungata ai PFAS, sia per le persone che per l’ambiente, compromettendo uno degli obiettivi principali dell’economia circolare: ridurre l’impatto ecologico e sanitario del ciclo produttivo.
Il riciclaggio di tessuti contaminati da PFAS, ad esempio, può risultare particolarmente problematico. I processi di riciclaggio spesso non sono in grado di eliminare queste sostanze chimiche, il che significa che i prodotti tessili riciclati potrebbero continuare a contenere PFAS, mettendo in pericolo la salute dei consumatori e diffondendo ulteriormente questi composti nell’ambiente. Anche la gestione dei rifiuti tessili contenenti PFAS pone sfide enormi, poiché l’incenerimento non sempre distrugge completamente queste sostanze, rischiando di rilasciarle nell’aria.
L’attuale regolamentazione dell’UE presenta delle lacune significative per quanto riguarda i PFAS nei tessuti. Il regolamento REACH, che impone l’obbligo di registrazione di molte sostanze chimiche, si applica solo ai PFAS non polimerici o ai PFAS importati come sostanze chimiche pure o miscele. Di conseguenza, una grande quantità di PFAS usati nei tessuti non rientra sotto tale obbligo. Questa situazione rende difficile il monitoraggio e la riduzione dell’uso di PFAS nel settore tessile.
Conclusione:
Per adottare un’economia circolare veramente sostenibile e sicura in Europa, è fondamentale intraprendere azioni concrete per affrontare il problema dei PFAS nei tessuti. Alcune delle misure proposte includono:
Sviluppo di alternative ai PFAS: esistono già opzioni che possono sostituire i PFAS in molti contesti tessili, specialmente per prodotti non tecnici. L’innovazione tecnologica può giocare un ruolo cruciale nel trovare soluzioni sostenibili e sicure;
Tracciabilità dei PFAS: necessario creare sistemi efficaci per tracciare l’uso di PFAS nei tessuti e gestire correttamente i prodotti a fine vita, evitando la contaminazione di nuovi cicli di produzione;
Incenerimento e gestione delle discariche: le tecnologie di incenerimento devono essere migliorate per garantire la completa distruzione dei PFAS, evitando il rilascio di queste sostanze nell’ambiente;
Riduzione dell’impatto fuori dall’UE: l’Europa deve assumersi la responsabilità per i tessuti che esporta in altri paesi, assicurandosi che non vengano trasferiti rischi ambientali e sanitari alle regioni meno sviluppate.
Solo attraverso un impegno condiviso e regolamentato a livello globale sarà possibile ridurre efficacemente l’uso di PFAS nel settore tessile, favorendo un modello di economia circolare realmente sostenibile e sicuro per la salute umana e per l’ambiente.