Malattia: Non sempre è incompatibile svolgere un lavoro

Dic 10, 2024 | News

fonte articolo: www.zhrexpert.it

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 30722 del 29 novembre 2024, ha deciso che non può essere licenziato un lavoratore che durante l’assenza per malattia (dovuta all’ansia) per un solo giorno ha prestato attività lavorativa in un piano bar come cantante/musicista.

Nel caso sottoposto alla Suprema corte un lavoratore è stato licenziato, da un lato, per aver fruito dei permessi ex lege 104/1992 per svolgere prevalentemente attività personali e solo in via residuale assistenza al padre e dall’altro per non aver rispettato le fasce di reperibilità per le visite fiscali ed essersi dedicato ad altra attività lavorativa (come cantante/musicista in un piano bar).

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento e sia il Tribunale del lavoro che la Corte d’appello hanno accolto il suo reclamo rilevando che non era ravvisabile un abuso dei permessi ex Lege 104/1992. Inoltre, i giudici d’appello hanno evidenziato che l’inosservanza delle fasce di reperibilità ha rilevanza disciplinare punibile con sanzioni conservative ma non giustifica il licenziamento e che l’impegno del lavoratore in malattia in attività ricreative non configura in sé un comportamento incompatibile con la dichiarata condizione depressiva.

L’azienda ha proposto ricorso in Cassazione che ha condiviso la decisione dei giudici di merito.

In particolare, riguardo ai permessi per assistenza disabile, il CCNL applicato dall’azienda non prevede la possibilità di fruizione oraria, ma solo giornaliera, con la conseguenza che deve ritenersi logicamente legittima la fruizione di una giornata di permesso anche per fornire assistenza al familiare disabile limitatamente ad un’ora.

I giudici di legittimità hanno anche richiamato una precedente pronuncia (sent. n. 13063/2022) secondo cui, in materia di licenziamento disciplinare intimato al lavoratore che svolge altra attività (lavorativa o extralavorativa) durante la malattia, grava sul datore di lavoro l’onere di provare che la malattia è simulata oppure che l’attività è potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo, dato che l’art. 5 della L. 604/1966 pone a carico del datore di lavoro l’onere di provare tutti gli elementi che integrano la fattispecie che giustificano il licenziamento e dunque, tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’illecito disciplinare contestato.

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