L’INPS, con la circolare n. 29 del 30 gennaio 2025, ha diffuso le nuove aliquote contributive per colf, badanti e baby-sitter per l’anno 2025, che tengono conto della variazione Istat determinata nella misura dello 0,8%, nel periodo gennaio 2023 – dicembre 2023 e il periodo gennaio 2024 – dicembre 2024.
Conseguentemente, sono state determinate le nuove fasce di retribuzione su cui calcolare i contributi dovuti per l’anno 2025 per i lavoratori domestici.
Viene confermata la minore aliquota contributiva dovuta per l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) dai datori di lavoro soggetti al contributo CUAF (Cassa Unica Assegni Familiari) che, ovviamente, incide sull’aliquota complessiva.
Per il rapporto di lavoro a tempo determinato continua ad applicarsi il contributo addizionale a carico del datore di lavoro pari all’1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (retribuzione convenzionale). Tale contributo non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti.
L’INPS evidenzia anche le novità della Legge di Bilancio 2025.
In particolare, la Legge 207/2024 ha previsto che i lavoratori dipendenti che hanno maturato, entro il 31 dicembre 2025, i requisiti di accesso alla pensione anticipata flessibile (c.d. quota 103) oppure per la pensione anticipata (che si ottiene nel 2025 con anzianità contributiva pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), possono rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico relativi all’AGO per l’IVS dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima.
In caso di esercizio di tale facoltà, il datore di lavoro è esonerato dall’obbligo di versare i contributi a tali forme assicurative della quota a carico del lavoratore, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà.
Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla quota di contribuzione a carico del lavoratore, che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore. Detta somma non concorre a formare reddito di lavoro dipendente (art.51, c. 2, lett. I-bis) del TUIR).