Formazione non obbligatoria in caso di repêchage del dipendente licenziato.

Lug 2, 2024 | News

fonte articolo: www.zhrexpert.it

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17036/2024, ha chiarito che il datore di lavoro non è tenuto ad erogare la formazione professionale necessaria a permettere al dipendente, “ripescato” a seguito di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di poter svolgere mansioni diverse da quelle che svolgeva al momento del licenziamento.

Nel caso in esame, alcuni dipendenti assunti con la mansione di corrieri avevano impugnato il licenziamento adducendo al fatto che non era stato loro riconosciuto il diritto di “repêchage” per mansioni disponibili all’interno dell’azienda, inquadrabili ad un livello inferiore benché appartenenti alla stessa categoria professionale.

Le mansioni per le quali i dipendenti adducevano la mancata applicazione del diritto di “repêchage” erano riconducibili a quelle di:

Cuoco
Aiuto cuoco
Addetto al servizio mensa

Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto al “repêchage”, per mansioni diverse da quelle precedentemente espletate, dev’essere strettamente collegato alle capacità professionali che il dipendente disponeva al momento del licenziamento.

A tal proposito la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale, che è risultato poi essere quello centrale ai fini della sentenza, riguardante il corretto inquadramento normativo del diritto di “repêchage”, ossia che il datore di lavoro non deve ritenersi onerato dell’obbligo di formare il dipendente per renderlo idoneo a ricoprire il posto disponibile e salvaguardare il suo posto di lavoro. In altre parole, l’obbligo di repêchage va valutato tenendo conto delle attitudini e della formazione del lavoratore al momento del licenziamento.

La formazione degli ex dipendenti ricorrenti non era minimamente riconducibile a quella richiesta per lo svolgimento della mansione di cuoco, aiuto cuoco ed addetto al servizio mensa.

Per queste ragioni la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti alla rifusione, in favore del controricorrente (ossia l’ex datore di lavoro), delle spese di giudizio.

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