La Corte di cassazione, con l’Ordinanza n. 18892 del 10 luglio 2024, ha deciso che il lavoratore che viene reintegrato, dopo un licenziamento dichiarato illegittimo, può essere trasferito presso un diverso luogo di lavoro soltanto se il datore di lavoro prova l’inutilizzabilità del dipendente presso la sede di assegnazione oggetto della sentenza di reintegra.
Nel caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte, un lavoratore era stato licenziato ingiustamente e quindi nei suoi confronti era stata disposta la reintegra.
Il datore di lavoro ha eseguito l’ordine di reintegra disponendo il trasferimento del lavoratore presso un diverso luogo di lavoro.
Il lavoratore ha chiesto al Tribunale del lavoro di dichiarare l’illegittimità del provvedimento datoriale di trasferimento. Sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello hanno dato ragione al lavoratore affermando che il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto ad essere reintegrato nel posto di provenienza.
L’azienda si è rivolta alla Corte di cassazione, la quale ha condiviso la sentenza dei giudici di secondo grado e ha richiamato l’orientamento consolidato secondo cui l’art. 2103, nel richiedere la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive perché il datore di lavoro possa trasferire il lavoratore da una unità produttiva ad un’altra, non richiede invece l’ulteriore prova dell’inevitabilità del trasferimento sotto il profilo della sicura inutilizzabilità del dipendente presso la sede originaria (Cass., 19 giugno 1987 n. 5432).
La situazione però è differente se il trasferimento segue immediatamente un licenziamento dichiarato illegittimo, con conseguente ordine di riassunzione.
Infatti, in questo caso, è necessario che il datore di lavoro provi l’impossibilità di ricollocare il lavoratore presso la sede in cui lavorava prima del trasferimento.
In conclusione, la Suprema Corte ha ribadito un principio già espresso con la sentenza n. 12123/2002 in base alla quale, qualora nelle more vi sia stata sostituzione con altro lavoratore o sia stato soppresso il posto prima occupato, il lavoratore di cui è stata accertata l’illegittimità del licenziamento deve essere nel primo caso ricollocato nel posto e nelle mansioni precedentemente occupate, mentre, nel secondo può essere adibito a mansioni equivalenti purché sempre nella stessa sede di lavoro; tale regola può essere derogata solo per la dimostrata impossibilità, dovuta a insussistenza di posti comportanti l’espletamento delle ultime mansioni o di mansioni equivalenti, di riammettere il lavoratore reintegrato nella precedente sede, incombendo sul datore di lavoro l’onere di provare tali circostanze.
I giudici di legittimità hanno ribadito l’illegittimità del licenziamento, con il conseguente onere per il datore di lavoro di riammettere il lavoratore nella stessa sede di lavoro nella quale questi operava all’atto dell’illegittimo licenziamento; salvo disporre successivamente il suo trasferimento, sempreché sussistano le condizioni richieste dalla legge.