Sulla G.U. n. 217/2024 è stato pubblicato il DL 16 settembre 2024 n. 131 che introduce disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione Europea e da procedure di infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano.
Tra le disposizioni vi è anche quella che fissa nuove regole per il risarcimento dovuto ad un lavoratore a seguito della reintegra nel posto di lavoro per un contratto a termine ritenuto dal giudice illegittimo.
Più precisamente, la Commissione Europea ha avviato, nei confronti del nostro Paese, una procedura di infrazione per i contenuti dei commi 2 e 3 dell’art. 28 del decreto legislativo n. 81/2015.
Nel dettaglio, il comma 2 stabilisce che, in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
Secondo la Commissione europea, la norma limita la possibilità del lavoratore di ottenere un risarcimento più elevato per il maggior danno subito.
Per tale motivo, l’art. 11 del DL 131/2024, pur confermando il contenuto del comma 2 dell’art. 28 citato (indennità omnicomprensiva da un minimo di 2,5 a 12 mensilità), prevede che resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno.
Lo stesso art. 11 dispone invece la totale abrogazione del comma 3 che prevedeva che in presenza di contratti collettivi che prevedono l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità è ridotto alla metà (e quindi 6 mensilità).
Invece per i contratti a termine nell’ambito della pubblica amministrazione (art. 36 Dlgs 165/2001) l’art. 12 del DL 131/2024 dispone che nella specifica ipotesi di danno conseguente all’abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un’indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto.