La Corte di Cassazione ha emesso la Sentenza n. 25424 del 23 settembre 2024, che stabilisce un importante principio in materia di contrasto alle doppie imposizioni sui redditi dei lavoratori italiani impiegati all’estero. Secondo la pronuncia, la nazionalità del datore di lavoro è considerata ininfluente qualora esista una Convenzione internazionale che preveda, con possibilità di deroghe, l’impossibilità di sottoporre nuovamente a tassazione nel Paese di cittadinanza del lavoratore il reddito già assoggettato a imposizione nel Paese di residenza estera.
La Corte ha chiarito che, in presenza di tali Convenzioni, il reddito del lavoratore residente all’estero, già tassato in quel Paese, non può essere ulteriormente tassato in Italia, anche se il datore di lavoro è italiano.
Il caso specifico
Il caso trattato riguardava un lavoratore italiano impiegato all’estero, nel Regno Unito, e dipendente di un’azienda italiana. Il lavoratore aveva già pagato le imposte nel Paese di residenza, ma era stato nuovamente sottoposto a tassazione in Italia per le stesse retribuzioni. La Corte di Cassazione, applicando il principio sopra indicato, ha confermato che il lavoratore ha diritto a ricevere il rimborso delle ritenute effettuate sulle sue retribuzioni in Italia, poiché le somme erano già state versate nel Regno Unito.
Implicazioni per i lavoratori italiani all’estero
Questa sentenza rappresenta un’importante vittoria per i lavoratori italiani che operano all’estero. Essa rafforza il principio della non duplicazione dell’imposizione fiscale, sottolineando che la nazionalità del datore di lavoro non è un fattore decisivo se il reddito è già stato tassato nel Paese di residenza estera. Le Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sono dunque fondamentali per evitare che i lavoratori siano penalizzati da tassazioni multiple sui propri redditi.