L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 22 del 7 febbraio 2025, ha chiarito che, per il contribuente che al rientro in Italia intraprende un’attività professionale e rende le proprie prestazioni professionali anche nei confronti del suo precedente datore di lavoro estero, il periodo minimo di permanenza all’estero è di sei periodi d’imposta (ovvero di sette periodi d’imposta qualora sia stato impiegato in Italia, prima del trasferimento, per lo stesso datore di lavoro).
Come noto, infatti, il nuovo regime agevolato ex art. 5 del D.Lgs. 209/2023 (in vigore dal 29 dicembre 2023) può essere applicato, nel rispetto delle condizioni richieste, anche nell’ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all’estero prima del predetto trasferimento oppure in favore di un soggetto «appartenente al suo stesso gruppo».
Nella predetta ipotesi in cui il lavoratore svolga in Italia l’attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all’estero, la norma prevede l’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all’estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l’attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all’estero.
La norma non specifica la tipologia di rapporto contrattuale che deve intercorrere tra i soggetti; dunque, il periodo minimo di pregressa permanenza all’estero è aumentato a sei o sette anni in tutte le ipotesi in cui il contribuente (lavoratore dipendente, assimilato o lavoratore autonomo) al rientro in Italia presti l’attività lavorativa per il medesimo soggetto (datore/gruppo) per il quale ha lavorato all’estero.
Ciò premesso, nel caso in esame, l’Istante che al rientro in Italia presterà l’attività professionale con la stessa società per la quale aveva già lavorato all’estero, al ricorrere di tutti i requisiti previsti dalla norma, potrà beneficiare del nuovo regime agevolativo, a partire dal periodo d’imposta di rientro in Italia (se sussistono i presupposti ex art. 2, c. 2, del TUIR) e per i quattro successivi considerato che dichiara di essere stata residente all’estero per almeno 6 anni.
Più precisamente, l’istante, cittadina francese, ha dichiara di:
· aver lavorato in Italia da gennaio 2015 a marzo 2018 e di essere stata residente all’estero dal 2018 al 2024 dove ha lavorato in qualità di Account Manager presso un’azienda di Zurigo dal 21 settembre 2020 al 27 giugno 2024;
· essersi trasferita con la famiglia (coniuge e figlio minore) il 15 agosto 2024 in Italia «dove ha chiesto, in data 23/08/2024, al Comune la residenza anagrafica ai sensi dell’art. 2 del TUIR, (residenza valida ai fini reddituali)»;
· non essere mai stata iscritta all’AIRE.
Inoltre, la stessa ha precisato di aver concluso il contratto di lavoro dipendente e aver stipulato contestualmente, con la stessa azienda per cui lavorava a Zurigo, un contratto di consulenza iniziando un’attività di lavoro autonomo.