L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 53 del 28 febbraio 2025, ha fornito due importanti chiarimenti in merito al nuovo regime agevolato previsto, per i lavoratori impatriati, dal D.Lgs. 209/2023.
Il primo riguarda la permanenza all’estero prima del rientro in Italia. In particolare, si chiarisce che, nel caso in cui il lavoratore, nell’anno precedente al trasferimento in Italia, abbia svolto l’attività lavorativa per la medesima società per la quale sarà impiegato dopo il trasferimento nel territorio dello Stato (e per la quale aveva già lavorato prima dell’iniziale trasferimento all’estero), il periodo minimo di residenza all’estero, ai fini dell’applicazione del nuovo regime agevolato è di sette periodi di imposta; nella fattispecie, infatti, c’è coincidenza tra il datore di lavoro (società/gruppo) per il quale è stato impiegato all’estero nel periodo d’imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il trasferimento in Italia, non rilevando, a tal fine, la circostanza che, prima del rientro in Italia, il contribuente abbia interrotto il rapporto di lavoro dipendente con il suddetto datore di lavoro per svolgere (per un perdio di tempo limitato) un’attività di lavoro autonomo.
Il secondo aspetto concerne, invece, la possibilità di fruire della maggiore agevolazione ex art. 5, c. 4, del D.Lgs. 209/2023, da parte di entrambi i genitori.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, ricorda che la riduzione al 40% della base imponibile, prevista dal suddetto c. 4 dell’art. 5 in presenza di un figlio minore, è subordinata, di fatto alla condizione che «durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato».
Pertanto, in assenza di ulteriori limiti specifici riguardo la spettanza della riduzione ad uno solo dei genitori la stessa può essere applicata, nel rispetto di ogni altra condizione posta dalla norma, ad entrambi i genitori.