Rider a lavoro in mezzo all’alluvione: il problema persiste

Apr 3, 2025 | News

fonte articolo: www.zhrexpert.it

I rider non si fermano, neanche nel mezzo ad un’alluvione. È successo ancora e continuerà a succedere, probabilmente fino a quando un evento tragico non porterà maggiore attenzione sulla questione. In questo articolo andiamo ad analizzare le cause che impongono a queste persone di lavorare anche in condizioni di estremo pericolo e quali sono gli aspetti su cui è possibile intervenire prima che sia troppo tardi.

Di cosa tratta

Recentemente, in varie zone della Toscana, le forti precipitazioni hanno causato esondazioni e danni a strutture e beni personali, imponendo la Regione a diramare allerta rossa.
Neanche l’invito a rimanere nelle proprie abitazioni ha fatto sì che i rider, in sella al loro scooter o alla bicicletta, interrompessero un’attività che espone senza nessun dubbio ad un rischio elevato. A testimoniarlo alla stampa è stato uno dei protagonisti stessi, della città di Pisa.

Non è la prima volta che accade, viste le tante immagini diventate virali anche negli eventi passati, e probabilmente non sarà l’ultima, vista l’assenza fino ad ora di provvedimenti mirati.

Eventi recenti

Sono ormai frequenti, in vari periodi dell’anno e in diversi territori del nostro paese, eventi atmosferici che hanno gravi conseguenze sia economiche che sulla salute delle persone. Tra i più recenti:

 

  • L’alluvione di Bologna, ad ottobre 2024, che ha causato la morte di un ragazzo di 20 anni;
  • L’alluvione che ha colpito la Toscana nel novembre 2023, causando 8 vittime;
  • L’alluvione del maggio 2023 in Emilia- Romagna, con ben 17 vittime.

In tutti questi casi hanno fatto il giro dei social immagini e video di rider che percorrevano le strade diventate dei fiumi di acqua e fango. Ancora maggior risalto lo ha avuto la ragazza che ad ottobre 2024, a Catania, ha tratto in salvo dalla strada colma d’acqua un rider caduto dallo scooter che stava per essere trascinato via, come possibile osservare dal video presente in rete.

Origine del problema

È ovvio in questi casi andare a ricercare la causa del problema, per poterla eliminare e far terminare una volta per tutti questa situazione.
La causa principale risiede nel modello di business delle piattaforme di delivery che incoraggiano i lavoratori a proseguire la loro attività anche in condizioni estreme tramite:

 

  • maggiorazioni di compenso;
  • mancata retribuzione se si rifiutano di lavorare;
  • riduzione delle opportunità di lavoro future in caso di rifiuto delle consegne.

Ne consegue che le esigenze economiche prevalgano sulla sicurezza della persona. Nella maggior parte delle organizzazioni i rider vengono inquadrati come lavoratori autonomi ed è proprio per questo che, formalmente, la responsabilità sulla sicurezza sul lavoro è in capo a loro stessi.

Di fatto, è come se il rider si sentisse obbligato a dover lavorare mettendo a rischio la propria vita, a causa della forte pressione psicologica imposta dal sistema, se pur la scelta finale ricada su di lui.

Misure attuate

Alcune piattaforme assumono già i rider come lavoratori subordinati applicando il CCNL specifico per il settore della logistica, firmato da Assodelivery e UGL nel 2021, che regola vari aspetti del loro lavoro. Così facendo, sono loro stesse responsabili della sicurezza dei dipendenti ai sensi del D. Lgs. 81/2008 e, difatti, le uniche che prevedono lo stop del servizio in condizioni di pericolo garantendo la retribuzione.

Tra le altre misure applicate, a Milano, nel 2021, la Procura ha imposto l’obbligo di regolarizzare contrattualmente i rider, fino ad allora considerati lavoratori autonomi, perché le condizioni di lavoro erano assimilabili a quelle dei lavoratori subordinati.

Responsabilità

Molti si rivolgono verso i consumatori, chiedendosi se sia così necessario ordinare cibo durante un’allerta meteo. Ma la sicurezza di un lavoratore non può dipendere dalla scelta di un privato cittadino che, al massimo, manca di buon senso, ma è, comunque, lecita.

La questione delle responsabilità è molto complessa. In primis, il mondo del lavoro precario costringe molti rider a lavorare in determinate situazioni per la mancanza di alternative migliori e la necessità di un compenso accettabile. Dall’altra parte, le piattaforme sfruttano per i loro scopi questa situazione e l’assenza di una normativa stringente.

Se tutti i rider fossero inquadrati come lavoratori dipendenti o, almeno, avessero uno stipendio minimo garantito, allora il diritto di rifiutare il lavoro in condizioni pericolose potrebbe essere effettivamente realizzato.

Fino a quando non ci sarà una specifica normativa ad imporlo, però, la situazione è destinata a rimanere invariata e difficilmente ci saranno miglioramenti significativi.

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